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Non succede quasi mai, a due come noi..., Casa Wellington- Tembler

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;Incanto
view post Posted on 1/2/2016, 21:36     +1   Top   Dislike




Trish Wellington
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-Mark svegliati- sussurravo debolmente al suo orecchio destro, cercando in tutti i modi di dargli un dolce risveglio, sapendo benissimo che non avrei avuto poi così tanta pazienza per aspettare i suoi tempi –siamo già in ritardo, Mark- cercavo di scuoterlo, sempre con dolcezza, mentre le mie dita scorrevano sotto l orlo della sua manica, attendendo così il contatto con la sua pelle. Niente da fare, quando Tembler voleva dormire, poteva esserci una banda in festa alla finestra ma lui non avrebbe sentito il benché minimo rumore. Sospirai, incrociando le braccia al petto, ferma nella mia parte del letto, cercando di pensare a qualcosa che potesse svegliarlo senza troppi indugi. Arricciai il naso, cercando così una scusa plausibile per far si che il colosso di quasi due metri potesse volersi quantomeno alzare. –andiamo Mark, c è il matrimonio di Lucas ed Haley- lo spintonai debolmente, destandolo almeno in minima parte dai suoi sogni dato che si girò, dandomi completamente le spalle. Sospirai, colpendolo con un gesto secco alla base del collo, movimento che lo fece sobbalzare e guardarsi in giro, con gli occhi a mezz’asta ma pur sempre aperti! –bensvegliato, raggio di sole- mormorai in maniera ironica, accoccolandomi tra le lenzuola, in quel torpore che il suo grande corpo aveva lasciato –tra poche ore dobbiamo essere in chiesa ed io non ho ancora idea di quello che dovrò mettermi!- lessi nei suoi occhi puro terrore per questa esternazione, forse perché sapeva cosa gli spettava: ore ed ore in cui avrebbe dovuto fare da giuria mentre sfilavo sotto il suo occhio vigile. Avrebbe dovuto dare una valutazione per ciascun abito e motivare il perché della cifra attribuitami, un vero suicidio. Sorrisi istintivamente, perché per quanto ciò non gli piacesse, Mark finiva sempre con l’essere accondiscendente e accontentarmi in tutte le follie che gli proponevo. Fu automatico per me avvicinarmi a lui, stampargli un sonoro bacio sull’angolo della bocca destro, quello che ancora si poteva definire guancia, e scendere con la testa sul suo petto. Coccole. Con le sue grandi mani sapeva fare le migliore coccole mai ricevute, garantito. –massimo cinque abiti, te lo prometto- da brava mogliettina facevo la gatta e dicevo quella che si chiama “bugia bianca” così da non spaventarlo troppo.
[….] due ore dopo eravamo ancora in salotto, al quarto vestito circa: i primi tre avevano rispettivamente 1.colori troppo sgargianti, 2.spacco troppo pronunciato, 3. Scollatura da discoteca. Il quarto sembrava averlo rapito più di tutti: color cipria, composto ma lasciava scoperte le lunghe gambe, i piedi calzavano scarpe della stessa tonalità con un tacco vertiginosamente alto. I capelli li avrei lasciati ricadere, morbidi ed ondulati, sulle spalle. Mi convinse a non provarne altri ed io sentii talmente tanta pietà per lui che lo esortai ad andare a provare il suo abito. Avrebbe messo quello che gli avevo comprato io qualche settimana prima: avevo trovato un offertona da Armani e, beh, non avevo saputo resistere alla tentazione di comprarlo per vedere come diavolo avrebbe potuto stare con abiti super firmati. Divinamente. La verità era che mio marito era proprio un bellissimo uomo. Sorrisi fiera quando lo vidi oltrepassare il salotto, mormorando qualcosa circa la cravatta che non riusciva ad allacciare bene –ci penso io- mi offrii senza indugi, avvicinandomi a passo lento verso la sua figura. Con il tacco quindici, la distanza tra me e lui non sembrava più così insormontabile come di solito. Gli sorrisi a labbra serrate, infilando l ultimo orecchino per potermi dedicare poi alla sua cravatta –la facevo sempre a mio padre quando ero piccola- gli rivelai con un velo di malinconia nella voce, mentre i miei occhi erano fissi sulla stoffa blu scura, che faceva risaltare perfettamente i suoi occhi chiari –era diventata, con il tempo, un abitudine per lui: quando era a casa e doveva uscire per lavoro, mi chiedeva sempre di fargli “il mio nodo magico”, diceva fossi più brava di mia madre e delle successive tre mogli- se inizialmente il mio tono era nostalgico, alle ultime battute si trasformò in ironico: la mia disillusione sull’amore era derivata proprio da mio padre che aveva avuto una vita sentimentale davvero travagliata. Alzai gli occhi su di lui e notai solo in quel momento che mi stava osservando, chissà poi da quanto tempo. Aveva un modo di scrutarmi capace di farmi tremare dentro, forse perché temevo che potesse realmente comprendere quello che ero, i miei pensieri, quelle fragilità celate da una facciata arrogante. Mi sentii piccola ed in imbarazzo, sotto la lente d’ingrandimento: il disagio iniziava a prendere possesso di me ed io non riuscivo a far altro che rimanere aggrappata a quel nodo, magneticamente attratta da quello sguardo che parlava nonostante la sua bocca non si muovesse.
Tensione, elettricità, forse passione si poteva percepire in quel frangente.

★ STARRING: Katie Cassidy | ● SCHEDA PG | #GREYSANATOMYGDR
 
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